Un piede nella stanza e l'altro già fuori dalla porta di qualche centimetro. Il biglietto del treno o dell'areo in tasca, la macchina parcheggiata con il motore acceso, un paio di scarpe da runner ai piedi.
Così vivono le anime raminghe, quelle che non si fermano mai per più di pochi giorni in un luogo e anche se lo fanno è un inganno, perché il cuore è già altrove.
Mai ferme, mai soddisfatte, sempre alla ricerca di qualcosa che si trova qualche metro più in là.
Spinte da un'urgenza che non le fa dormire.
Quando arrivano, devono farsi amare subito, perché sanno che dopo un po' non ci saranno più.
Quando se ne vanno, lasciano una sequela di cuori infranti, delusi e collerici.
Solo qualcuno le capisce e le lascia andare, così come sono arrivate. Non sono di nessuno, nemmeno di se stesse.
Pensano di inseguire qualcosa di irraggiungibile, invece sono braccate da qualcosa che si portano dentro. Presto o tardi, tutti siamo almas raminghe. Chi per qualche tempo, chi per tutta la vita.
Quel che un'anima raminga non riesce a fare è semplice: fermarsi un secondo, chiudere gli occhi, respirare una volta nella vita e poi, raccogliendo tutto il coraggio, voltarsi a guardare indietro.
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