Ho camminato a lungo in quel corridoio
cavernoso e scuro, forse per mesi.
All’inizio la luce rischiarava le pareti e
rendeva sicuri i miei passi. Poi, gradualmente, senza che me ne accorgessi, si
è affievolita e mi sono ritrovata sola nelle tenebre.
Un tempo conoscevo la mia storia e potevo
cantare, come in una filastrocca, il nome dei miei simili. Non so come sia
accaduto che li ho dimenticati. Così come ho scordato il significato del mio
vagare, ho scordato chi sono.
Forse perché mi sentivo davvero sola, ho
cominciato a parlare con ciò che era davvero presente. L’oscurità.
«Puoi sentirmi?» gli domandavo. «Quando
finirà tutto questo? Quando tornerà la luce? Non mi ricordo più come sono
fatta.»
Ma l’oscurità non mi rispondeva, restava
silenziosa a osservarmi.
Qualche volta mi riposavo, desiderando una
carezza, ma nessuno veniva.
Un giorno mi sentivo così stanca che ho
smesso di avanzare.
Non volevo più andare da nessuna parte, non
desideravo più nulla.
Allora l’oscurità mi ha parlato.
«Perché ti sei fermata?»
Credevo di essermelo solo immaginato, ma la
voce è tornata a chiedere: «Perché non vai avanti?»
«Sono stanca e sono sola» ho risposto con un
filo di voce.
«Ma tu non sei sola, ci sono io con te» ha
protestato l’oscurità.
«Non ti sei mai fatta vedere.»
«Nessuno mi vede, perché sono buia.»
«Perché non mi hai risposto quando ti
chiamavo?»
«Non pensavo parlassi con me.»
«E con chi allora? Qui non c’è nessuno» ho
detto esasperata.
«Ti sbagli, qui ci sono tante cose. Basta
saper guardare.»
Rimasi in silenzio.
Allora l’oscurità mi ha fatto vedere le cose
che avevo intorno. Lei mi indicava dove guardare e, se mi concentravo, potevo
vedere tanti oggetti dimenticati che mi erano appartenuti.
Una vecchia caffettiera, un pallone sgonfio,
un libro mai finito, la fotografia del mio gatto e quella di un amico che ho
perduto.
«Continua, guarda bene» mi incitava
l’oscurità. Ed io guardavo meglio.
Così ho visto i volti di tante persone che
non mi ricordavo di aver incontrato. Ho rivisto i momenti difficili, pastosi di
sofferenza e aguzzi di dolore, e quelli lieti, soffici di risate.
Non mi sentivo più triste, perché c’era
l’oscurità a tenermi compagnia.
«Non ti fermare, vai avanti!» diceva
l’oscurità.
«Perché sei così gentile con me?»
«Perché tu sei importante per me.»
«Io sono importante? Non so nemmeno chi
sono.»
«Anch’io non sapevo chi ero, sei stata tu a
farmelo capire» mi ha detto l’oscurità.
Ero sempre più stupita e non capivo, ma
l’oscurità continuava a dirmi di andare avanti.
Finché non ho visto una piccola luce, là in
fondo al corridoio.
Colma di gioia ho cominciato a correre.
A mano a mano che mi avvicinavo, la luce
aumentava e mi abbagliava.
Alla fine del corridoio ho trovato la
risposta a tutte le mie domande. Uno specchio. Uno specchio che rifletteva la
mia immagine.
L’oscurità era vicina a me, ai margini del
mio campo di luce.
«Sei tu, sei tu la luce che cercavi» mi ha
detto. «È grazie a te se io mi conosco e contemplo i miei confini.»
Per tutto quel tempo avevo vagato, dimentica
di tutto, alla ricerca di qualcosa che solo io potevo darmi.
Anche adesso, che brillo nel cielo
consapevole del mio splendore, so che un giorno tornerò a perdermi per corridoi
bui e che mi ritroverò solo grazie all’oscurità, mia sorella.
жжж
Se avete
camminato al buio, in luoghi sconosciuti, senza qualcuno che vi indicasse la
strada, allora sapete come ci si senta sperduti e intimamente impauriti.
Anche quelli che
non temono il buio conoscono l’inquietudine che le tenebre sanno agire.
Questo è un
periodo dell’anno particolare. Nell’ordine ciclico stabilito dalla rotazione
dei pianeti, adesso stiamo vivendo un periodo di massima oscurità, che
raggiungerà il suo culmine intorno al ventuno dicembre, solstizio d’inverno.
Non ce ne siamo
resi conto, presi dall’euforia della stagione estiva, ma le giornate si stavano
già accorciando, e adesso questo processo decrescente volge al termine.
Tutte le
culture, dagli egizi ai persiani, dai greci ai popoli nordici, hanno celebrato
questo periodo per il suo profondo significato simbolico e, forse, per
esorcizzare qualche paura.
Tutti
nell’emisfero nord, e anche la nostra cultura non fa eccezione, in questi
giorni si preparano a celebrare la luce.
Perché è vero
che l’oscurità è nella sua massima espressione, ma è anche vero che, nel
momento in cui saremo all’apice della notte, proprio in quel momento la luce
risorgerà.
Abbiamo perduto
il contatto con i ritmi naturali, abbagliati dalla luce artificiale quanto le
falene, ma questi giorni bui che volgono al termine, sembrano suggerirci che l’alternanza
di periodi oscuri, propizi all’introspezione, e di giorni luminosi sia nello stato
delle cose, che non si possa tenere solo metà della mela in mano, e che la luce
abbia bisogno dell’oscurità per risplendere, così come noi necessitiamo di
periodi difficili per scoprire noi stessi.
Abbiate cura di voi, della luce e dell'ombra che siete!
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