Non ho mai nascosto le mie perplessità sulla Chiesa come istituzione e oggi le mie perplessità non possono dirsi dissipate.
Abbiamo un nuovo Papa e anche chi non crede nella Chiesa, anche chi non crede nel cattolicesimo, anche chi non crede, da oggi fa i conti con questo nuovo fatto.
Ho seguito alcuni approfondimenti sul conclave e quando ho sentito che l'eletto veniva dal Sud America, per un attimo ho esultato. Forse l'elezione di un Papa che viene da un paese non tra i più potenti e che si presenta con modi umili poteva essere l'inizio di una svolta, finalmente.
Il sogno si è infranto velocemente: via internet sono iniziate subito ad arrivare informazioni sul passato poco chiaro del nuovo eletto, in particolare, i suoi trascorsi nel periodo della dittatura in Argentina. Due preti, gesuiti come lui, arrestati e torturati a causa di un suo non intervento e poi l'aver negato di conoscere la pratica dell'adozione di neonati figli delle donne che venivano stuprate e torturate nelle palestre della morte.
Le prime informazioni sono arrivate da fonti che non conosco bene, nel frattempo tranquillizzanti dichiarazioni provenivano dal Vaticano. Poi le voci si sono moltiplicate e le fonti sono diventate più auterovoli. Il Vaticano continua a difendere (ovviamente) l'operato del nuovo Papa.
Anche se non spetta certo a me assolvere o condannare, un dubbio rimane insieme a una laica speranza: che alla fine la verità vinca su tutto.
Troppo è stato ed è taciuto, ormai nessuno può più negarlo. Quando penso alla verità, mi viene sempre in mente il titolo di un libro che ho letto molto tempo fa: "Verità senza vendetta" di Marcello Flores (Manifestolibri).
Il libro è un'antologia di testimonianze impressionanti sull'esperienza della Commissione sudafricana sui crimini dell'Apartheid. Per quel che ne so, è stata un'esperienza unica nel suo genere: si è data la precedenza all'emersione della verità piuttosto che alla punizione o alla vendetta. Le vittime e i loro familiari avevano bisogno che fosse detta la verità, tutta la verità, per lasciare andare le atroci esperienze di cui erano stati protagonisti. La verità ha avuto una funzione terapeutica. Del resto, è ciò che tutte le vittime chiedono sempre.
Allora la preghiera laica che invio all'istituzione religiosa dalla quale in Italia non si può prescindere è: sia detta la verità e da lì, con umiltà, si ricominci.
Anche se non spetta certo a me assolvere o condannare, un dubbio rimane insieme a una laica speranza: che alla fine la verità vinca su tutto.
Troppo è stato ed è taciuto, ormai nessuno può più negarlo. Quando penso alla verità, mi viene sempre in mente il titolo di un libro che ho letto molto tempo fa: "Verità senza vendetta" di Marcello Flores (Manifestolibri).
Il libro è un'antologia di testimonianze impressionanti sull'esperienza della Commissione sudafricana sui crimini dell'Apartheid. Per quel che ne so, è stata un'esperienza unica nel suo genere: si è data la precedenza all'emersione della verità piuttosto che alla punizione o alla vendetta. Le vittime e i loro familiari avevano bisogno che fosse detta la verità, tutta la verità, per lasciare andare le atroci esperienze di cui erano stati protagonisti. La verità ha avuto una funzione terapeutica. Del resto, è ciò che tutte le vittime chiedono sempre.
Allora la preghiera laica che invio all'istituzione religiosa dalla quale in Italia non si può prescindere è: sia detta la verità e da lì, con umiltà, si ricominci.