domenica 14 settembre 2014

Problemi

C'è un problema che accompagna i giorni e le notti.
Un problema profondo e angosciante che a volte mi getta in un luogo che assomiglia a un mare scuro.
Annaspo per stare a galla e respirare. Il più delle volte ci riesco, qualche volta, invece, vado a fondo e sento che non posso fare diversamente.
E' proprio nel momento in cui affondo, e temo di non risalire, che mi torna alla mente una frase di Roberto Assagioli (tanto per cambiare):   "I problemi non si risolvono, si dimenticano".
L'idea di dimenticare il mio problema è abbastanza lontana dal sembrarmi realizzabile, ora.
E' costantemente con me, anche quando mi sembra di averlo seminato e non lo vedo in giro, so che ce l'ho  dentro.
Vorrei viverlo come un'opportunità di crescita e basta già adesso, ma so che non è ancora il momento. Vorrei che mi venissero fornite altre opportunità di crescita, diverse. Lo dico davvero, perché sono stanca. Stanca di stare male e di vedermi soffrire.
E' anche vero, come starete pensando in molti, che viviamo in una valle di lacrime ... ma andiamo oltre.
Questa frase provocatoria sui problemi che si dimenticano mi solletica da qualche parte.
Anche Neruda scrive una cosa simile in una sua poesia, quando consiglia di non alimentare i problemi così si risolveranno.
Cosa mi impedisce di abbandonare il problema? Il fatto che coinvolga una persona che amo più della mia vita? Ma non sto abbandonando la persona, solo quello che per me ora è un problema e che per i saggi di tutto il mondo è ... ditelo insieme a me, per favore ... UN'OPPORTUNITA'! Bravi!
Inoltre, le persone "sane" sono in genere felici di non essere guardate per i loro problemi o presunti tali.
Che cosa può ancora impedirmi di lasciare andare? Il fatto di non averlo risolto?
In questo momento, tutto quello che è possibile fare è stato messo in atto. Si attendono illuminazioni.
Allora? Cosa rimane?
Forse il non riuscire ad accettare la situazione per quella che è. E finché ciò non avverrà, nemmeno una trasformazione sarà possibile.
L'accettazione comporta però una certa conoscenza del problema. Ma, direte voi e dico anch'io, ormai questo problema lo conosco!
E invece, no.
Vivere tutto il giorno in balia di una preoccupazione non significa conoscerla, come non conosci il collega rompiballe solo perché lo sopporti per otto ore al dì. Lo conosci se hai la decenza di fermarti e chiedergli: "Perché sei un rompiballe?"
Questo comporta chiaramente un distacco che non ho e allora la prima cosa da fare è crearlo.
Uno spazio piccolo, piccolo, quasi un foglio di carta, ma è già qualcosa.
Uno spessore che assomiglia a una piccola dimenticanza, come quando dimentichi di fare una telefonata che comunque potrai fare domani senza problemi.
Una piccola dimenticanza è quello che mi ci vuole, simile a una piccola vacanza.
Quando tornerò, il mio problema sarà ancora lì ma, forse, rivedersi dopo un breve periodo di distacco farà bene a tutti e due.
... Oppure scoprirò che lui ne ha approfittato per lasciarmi, senza neanche una lettera, perché, in fondo, ne aveva le balle piene di me!

Abbiare cura di voi e dei vostri problemi!

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